Dal tumore al downhill con l’equipe del professor Rossi
Giovani - 17 DICEMBRE 2017

La rognosa scoperta giunse tre anni fa quando gli accertamenti relativi a un gonfiore all’altezza del collo diagnosticarono la presenza di un linfoma tra i più rari. Giulio Garrè era solo un ragazzino, ma gli esami imposero una crescita rapida e forzata. Al via un lungo travaglio tra operazioni, chemio, ricadute e avanzamento della malattia con nuovi cicli di terapia. Tutto, senza mai lasciare quella scuola che quest’anno lo porterà alla maturità da geometra: “Non è il mio massimo divertimento, ma la comprensione avuta dai professori del Gastaldi – Abba e la forza che mi hanno regalato i compagni di classe sono stati una componente indimenticabile di questa storia”. Infatti, oggi, il film parla di un lieto fine. Quello che Giulio Garrè da Savignone è riuscito a scrivere con la propria determinazione e la professionalità dello staff del professor Edoardo Rossi in forza all’ospedale Gallino nel reparto di medica integrata: “Persone speciali. Non a caso, ho voluto festeggiare in ambulatorio, assieme a loro, il mio diciottesimo compleanno. È stata la mia seconda casa per lunghi mesi”. Giulio fotografa immagini indelebili: “Al termine della seconda chemio, ero costantemente stanco. Mai avrei pensato che sei mesi più tardi sarei stato in sella a una bici da downhill insieme al campione di freestyle Vanni Oddera. Appena possibile mi butto, anche se a casa hanno paura”. In fondo, la sua tenacia ha fatto la differenza. Non meno l’apporto della famiglia e di Asia, la mia ragazza. Ricordi più forti di tante parole. Indimenticabile, il momento della prima caduta dei capelli. Al tempo, portavo un ciuffo sbarazzino. La rinuncia non è stata facile, ma anche lì ho avuto amici straordinari. Tra la compagnia dell’Anspi di San Bartolomeo, un po’ tutti, presero le forbici e si rasarono. Non era un gioco, c’era in gioco la vita. Ma nessuno voleva pensarci”.
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